IL ROLANGO


Breve introduzione

Un poema eroicomico? Ai nostri giorni? Forse la cosa merita una piccola spiegazione.
La cosa nacque molti anni fa sui banchi del liceo quando, per ingannare il tempo durante le ore di lezione più noiose, due studenti si dilettavano a rifare il verso ai grandi poeti della nostra letteratura.
Da scherzo nasce scherzo, e la presa in giro fu presto indirizzata verso tre elementi molto caratteristici che facevano parte del corpo insegnante della scuola (per la cronaca uno dei più noti e prestigiosi licei religiosi milanesi).
I tre elementi vennero subito trasfigurati in maniera caricaturale ed ambientati in un mondo di cavalieri, dame e mostri di vario tipo, largamente ispirato al grande Ariosto e ad altri del "settore".
Con l'aiuto della propria fantasia e di ausili letterari diversi, i due studenti portarono a compimento qualche decina di ottave, circa un 400 versi scritti in endecasillabi scorrevoli e ben costruiti, secondo i canoni tradizionali della nostra poesia epica ed eroicomica.
Naturalmente il soggetto e la storia erano un po' meno elevati di quelli dei "colleghi" classici, ma scrivendo in versi s'imparano tante cose, e si apprezzano meglio alcuni trucchi, o astuzie, adottati dagli scrittori classici.
Immaginate, ad esempio, di avere scritto un mezzo canto della Divina Commedia (che ha una struttura metrica particolarmente impegnativa, perché ogni terzina è legata con la rima alla successiva, e non si può sostituire di sana pianta un pezzo poco soddisfacente con qualcosa di meglio, senza mettere sottosopra tutto quanto), ma di non essere contenti di una soluzione metrica, o di non trovarla affatto.
Che fare? Anche un Dante può non avere voglia di diventare matto per la rima, quando deve pensare a Beatrice, a Virgilio, ai santi del Paradiso e ai dannati dell'Inferno: allora schiaffa nel canto un paio di versi che vogliono dire poco o nulla, forse che ripetono un concetto già stiracchiato nelle terzine precedenti, ma che gli permettono di chiudere il passo difficile e di riprendere a dedicarsi alla poesia vera; ecco l'origine di tanti passi più o meno famosi e controversi (non vi sarà troppo difficile cercarveli da soli).
Questa tecnica di lasciarsi indirizzare dalla rima per creare i particolari della trama, sempre inquadrati nel contesto generale della narrazione, ovviamente ha grande importanza nel Rolango (e anche in opere ben più famose) ed è molto feconda; qualche linguista ha anzi ipotizzato, ed io sono del tutto d'accordo, che l'uso della rima sia produttivo anche dal punto di vista linguistico e creativo in genere, perché facilita le associazioni di idee o la creazione di metafore originali. Anche l'associazione più rifritta in assoluto, la malefica "cuore-amore", deve il suo successo, anzi la sua stessa esistenza alla rima.
Torniamo al Rolango; gli autori si sono sempre covata con piacere l'idea di riprenderlo, ma il tempo e gli impegni di ogni genere non favoriscono le ambizioni letterarie: in seguito hanno anche cercato di passare la palla ai discendenti, maschi e femmine, ma questi se ne sono ben guardati.
Allora la soluzione è unica: se vuoi continuare il poema, scrivitelo da solo, e se il tuo amico non ti aiuta, scrivitelo ancora da solo.
In fondo, anche alle soglie del terzo millennio (altra frase fritta e rifritta) può aver senso scrivere un poema assurdo e fantastico, se l'operazione viene vista come un mezzo per divertirsi e passare un po' di tempo libero in maniera non convenzionale.
Giudicherete voi il risultato; rispetto a tante cose che stanno su Internet, il Rolango certamente non è la peggiore.
I primi tre canti sono l'opera originale di noi giovani studenti, salvo pochissime correzioni.
I canti successivi sono il frutto, basato sulla trama originaria concepita molti anni addietro, del lavoro attuale dell'autore "superstite".
Il poema è in divenire, perciò sarà gradito il vostro eventuale parere.

Scrivetemi, potete suggerirmi modifiche (solo nella nuova parte) o spunti per la trama.

Prologo
Canto I
Canto II
Canto III
Canto IV (in completamento)
Etc.

NOTA:
Tra i tanti poemi eroicomici da leggere (e letti) vi segnalo: "La Secchia Rapita" del Tassoni (gradevole, ma inferiore alle aspettative); il "Baldus" del Folengo o Merlin Cocai, come amava chiamarsi (strepitosamente bello, ma scritto in "macaronico", il che significa che dovete masticare il latino piuttosto bene, per capirlo nel testo originale: la traduzione vi fa perdere inevitabilmente la metà del divertimento). Ancora da leggere il "Morgante" del Pulci, più qualche altro autore minore.
Tutti i testi sopra citati si trovano in rete, in particolare in Liber Liber, ma non raccomanderei a nessuno di mettersi a leggerli senza un minimo di commento e, per quanto riguarda il Baldus, senza una buona traduzione a fronte. Se non volete spendere, esistono  sempre le biblioteche, e prendere a prestito un libro è un'operazione veloce e gratificante; una buona lettura è ad ogni modo sempre preferibile a qualche stupidata vista alla televisione!
Divertitevi!

Il vostro affezionato Beppus.

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